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Giorgio Cuscito – Exotica: una recensione.

4 agosto 2010

C’è un bel personaggio in giro per la scena jazzistica italiana. Uno che suona il pianoforte principalmente, ma che non si fa mancare alcune performance con il sassofono tenore o addirittura con il vibrafono. Per non parlare poi degli arrangiamenti e delle composizioni, con le quali arricchisce ogni sua formazione. Collaboratore di Tony Scott, Renzo Arbore, Fred Bongusto, ma anche Peter Van Wood, Gigi Proietti, Carlo Loffredo e Lino Patruno, al momento potete trovarlo in giro per l’Italia in trio con Guido Giacomini e Alfredo Romeo, ma non di rado si cimenta anche in duelli di sax insieme all’amico Andrea Pedroni.

Questo lavoro, intitolato Exotica, verte principalmente sulle influenze più afrocubane, sebbene il pianoforte di Giorgio sia perfettamente mainstream: brani come Love me tender permettono ben poco spazio alle sostituzioni armoniche, ma non per questo scoraggiano il gruppo di Cuscito, che in questo disco aggiunge al suo trio anche le percussioni di Carlo Colombo, il violino di Angelo Berardi e l’ukulele di Mieko Matsushita. Gli omaggi sono naturalmente dovuti in primo luogo a Dizzy Gillespie, iniziatore assoluto di questo genere di operazioni di ibridazione con i ritmi afrocubani, così come ai successori minori, da Les Baxter a Jack Costanzo, fino alle ultime interessanti variazioni di Ahmad Jamal.

Nel pianismo di Cuscito si sente, a nostro avviso, una forte influenza di Duke Ellington in primo luogo, e in qualche passaggio anche di Peterson e più raramente di Monk. I brani, pur essendo per la maggior parte datati, conservano una loro eleganza intrinseca, qualche volta sfociando forse troppo nel ‘lounge’, ma in generale sono sobri e rigorosi, non lasciano spazio a sbavature, e adottano talvolta anche una precisa cifra stilistica, come ad esempio il fatto di doppiare i temi con il vibrafono, come si usava ai tempi di Lionel Hampton, influenza che lo stesso Cuscito non nasconde mai ai propri interlocutori. Una particolare felicità contraddistingue l’esecuzione di Witchcraft, ultima traccia del disco, nella quale è particolarmente estroverso l’indirizzo del gruppo, un brano che muove al sorriso e al divertimento, componente sempre importante quando si parla di afrocuban, che, non dimentichiamo, è un genere che va moltissimo nelle dance hall e nei grandi concerti di piazza.

Oggi Cuscito è uno dei musicisti più attivi della scena italiana, è naturalmente anche un insegnante delle scuole di jazz più prestigiose, ma ha anche una particolarità che dobbiamo assolutamente segnalare: svolge dei corsi di formazione per aziende di livello internazionale, portando filosofie di insegnamento del jazz nel mondo del lavoro. Ci pare un campo in cui l’oggetto di studio non sia ancora esplorato in modo definitivo, e in questo può certamente considerarsi un pioniere.

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